Siamo in Oriente, nella Cina del VI secolo d.C., all’epoca della dinastia Tang. Tra le tante invenzioni del grande Impero, viene creato un sistema che permette di stampare attraverso matrici di legno intagliate, inchiostrate e impresse su un foglio di carta.
Siamo nel XV secolo quando Johannes Gutenberg introduce i caratteri mobili in Europa. L’oggetto-fulcro della sua tecnica è il punzone, un parallelepipedo di acciaio sulla cui testa è inciso, in rilievo e a rovescio, un segno tipografico – che può essere un numero, una lettera o un segno di punteggiatura. Il punzone crea la matrice dentro cui vengono fusi i caratteri, che vengono successivamente disposti su un vassoio, inchiostrati e impressi sulla carta.
Siamo negli Stati Uniti e Richard March Hoe inventa la prima rotativa della storia. All’inizio questo sistema di stampa era alimentato da fogli singoli poi, nel 1863, William Bullock introduce l’alimentazione a bobina: le immagini da stampare sono incurvate intorno a dei cilindri ruotanti; non c’è più, quindi, una superficie piana che esercita la pressione per la stampa: ora la carta passa attraverso un cilindro che esercita una pressione molto più potente. Grazie alla meccanizzazione del processo e all’introduzione delle bobine, la macchina rotativa stampa fino a ottomila copie all’ora. Possiamo per questo definirla la prima macchina tipografica per grandi tirature.
Nel 1875 Robert Barclay inventa la tecnica di stampa offset e, nel 1904, Ira Washington Rubel la adatta alla carta; il processo di stampa, però, è tutt’altro che semplice. Protagonista è la lastra offset divisa in due zone: quella grafismi, lipofila, in grado quindi di legarsi all’inchiostro; quella dei contrografismi, idrofila, che non può essere ricoperta dall’inchiostro. La lastra viene bagnata con una soluzione che si lega ai contrografismi e, successivamente, viene inchiostrata. In questo modo, l’inchiostro aderisce soltanto ai grafismi che vengono trasferiti prima a un cilindro di caucciu` e poi vengono stampati sulla carta.
Nel 1885 il tecnico tedesco Ottmar Mergenthaler inventa la linotype, una macchina per la composizione tipografica. Questo sistema offre il vantaggio di comporre automaticamente le linee di caratteri dei testi. Il funzionamento è molto simile a quello della macchina da scrivere: il linotipista compone le parole del testo premendo i tasti di una tastiera. Ogni tasto libera una matrice corrispondente a un carattere e questa matrice si allinea ad altre. La riga di matrici viene riempita con il piombo fuso, inchiostrata e usata per imprimere i caratteri sui fogli di carta.
Arriviamo al 1971, la Xerox Corporation sviluppa la tecnologia laser. In una stampante laser il contenuto da stampare è generato da processi elettronici e viene impresso direttamente sul foglio di carta. Più nel dettaglio: l’immagine è trasmessa dal laser a un cilindro di selenio fotosensibile (chiamato “tamburo” o “rullo magnetico”) e da qui, attraverso il toner, viene riportata direttamente sulla carta. Con questo sistema è possibile stampare circa ventimila righe al minuto. Tempi record. Ma soprattutto: da questo momento in poi, chiunque può stampare in autonomia ciò che gli serve.
Siamo arrivati a oggi. Terminiamo questo viaggio nel tempo in compagnia della stampante 3D. A ben vedere questa tecnica di stampa nasce diversi anni fa, più precisamente nel 1983, quando Chuck Hull utilizza per la prima volta i raggi UV per indurire le vernici. L’ingegnere battezza la sua invenzione con il nome di “stereolitografia”, un metodo che consente di creare oggetti solidi attraverso la sovrapposizione degli strati di un polimero liquido fotosensibile colpito da una luce ultravioletta. Oggi esistono diverse tecnologie per la stampa 3D. Queste si differenziano, soprattutto, per il modo in cui vengono assemblati i diversi strati: si possono utilizzare materiali che si fondono con il calore, materiali liquidi da indurire o materiali che vengono laminati e uniti tra loro.